Lunedì prossimo 11 settembre si riaprono le scuole. Molte le famiglie impegnate ad organizzarsi per questo nuovo atto del vivere sociale che è estremamente importante specie quando ci si è accorti che la nostra non è tra le migliori scuole europee.

E’ senz’altro necessario ripensare la scuola in questo momento storico. Occorre però ripensarla alla luce delle caratteristiche specifiche della società attuale. Questo perché la scuola riceve comunque il suo mandato dalla società, che chiede alla scuola, come a una delle istituzioni di cui la società è dotata, di farsi carico di una parte di responsabilità. La scuola porta questa responsabilità insieme all’altra grande istituzione: la famiglia, che in questo momento risulta sempre più multiforme.  

La responsabilità è quella di prendere in carico i bambini e i ragazzi per aiutarli a inserirsi nella

società in cui vivono. Molti sono gli errori che stanno accompagnando questo inizio scolastico: prima di tutto l’errore delle famiglie che credono di poter delegare l’educazione dei loro figli agli insegnanti. Altro errore quello di pensare, e lo fanno in molti, che la scuola sia una sorta di parcheggio dove tenere sotto controllo i figli mentre i genitori sono al lavoro.

Non parliamo, poi, del problema delle classi formate con molte presenze di extra comunitari con tutti i problemi che si portano dietro.

E poi le spese... dai vestiti griffati, alle borse di ditte affermate, e alle tante stranezze dietro cui si avventurano i genitori che si preoccupano più delle apparenze che dei risultati da raggiungere.

Mentre scrivo non posso non ricordare i miei anni alle elementari di via Roma. Avevo fatto un esamino di ingresso perché una maestrina senza impiego, che mi aveva preparato solo per fare una personale esperienza didattica, mi presentò per poter cominciare non dalla prima classe ma dalla seconda. Il risultato fu così eccellente che un maestro, Pacchioli di Città Santangelo, accompagnò mia madre in segreteria e chiese di inscrivermi nella sua classe.

Quanto era diversa la scuola di una volta rispetto a quella di oggi.

Le aule erano molto più spaziose e le classi erano formate da cinquanta alunni e anche più, rigorosamente divisi tra maschi e femmine. Le classi miste di oggi sarebbero arrivate nel secondo dopoguerra. La lavagna non era affissa al muro come oggi, ma posata su un cavalletto, un po’ come le tele dei pittori. Le penne di una volta non erano a sfera. Si trattava di pennini che dovevano essere intinti nei calamai per poter essere usati. I calamai erano delle piccole ciotole che contenevano l’inchiostro e che venivano tenuti in piccoli buchi creati apposta sui banchi. Una volta che una pagina del quaderno era stata scritta vi si doveva applicare un foglio di carta assorbente per far asciugare l’inchiostro.

Il materiale scolastico era molto semplice e molto poco costoso: un astuccio di pezza all’interno della quale si trovavano, un pennino, una matita, una gomma e, per chi poteva permetterselo   anche un temperino e una piccola scatolina contenente sei pastelli. A tutti coloro che non potevano permettersi il materiale, lo procurava il maestro.

Si utilizzavano due quaderni di tipo diverso: uno a righe per gli esercizi di scrittura, i temi, i dettati,  insomma per lo studio della lingua italiana (e in parte altre materie come storia e geografia che noi oggi definiremmo umanistiche, le cui nozioni venivano impartite anche attraverso i dettati) e uno a quadretti per gli esercizi di matematica. Si studiava con due soli libri: il sillabario o abbecedario per imparare a leggere e a scrivere e il sussidiario che conteneva i rudimenti di matematica, storia, geografia, scienze.  

Nelle scuole di una volta c’era il maestro unico che insegnava tutte le materie e che non cambiava mai per tutta la durata delle scuole elementari.

La scuola una volta era molto più dura e i bambini venivano educati con maggiore severità rispetto ad oggi, sia a scuola che in casa per la verità. Se il comportamento non era consono si arrivava alla comunicazione alla famiglia che non si rivolgeva al Tar per far punire il maestro troppo esigente ma si collaborava con lui per “raddrizzare” lo scolaro indisciplinato.  

Sento amici che insegnano lagnarsi delle intromissioni a volte assurde dei genitori. Sento insegnanti che si disperano perché insegnare, parlo delle scuole elementari, è troppo faticoso ed impegnativo...

Ricordo con nostalgia le ore passate con il mio maestro Pacchioli e il suo sorriso bonario. Il suo impegno a farci crescere e ad arricchire le nostre conoscenze al di là dei testi scolastici.

Una vera figura paterna che imparai ad amare tanto che, il giorno in cui discussi la tesi della mia prima laurea, dopo gli abbracci con i miei genitori, passai in via Roma dove c’erano ancora le elementari, chiesi del maestro Pacchioli e andai a dargli la notizia.

Mi abbracciò commosso, mi presentò alla classe e, giuro che mi emoziono ancora oggi al ricordo, aprì il suo armadio che era in classe, rovistò tra le varie carte e tirò fuori un mio tema fatto in quarta elementare e volle leggerlo alla classe.

MI chiese dei miei studi e del mio lavoro di giornalista e mi disse: “Ero certo che ti saresti dedicato alla scrittura e alla informazione. Nel tuo lavoro continua a rispettare, coltivare e difendere il diritto all'informazione di tutti i cittadini e sarai un buon professionista.”

La scuola di ieri molto diversa da quella di oggi, ma anche i maestri erano molto diversi, e in meglio.

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