Ho un amico, Tonino “Fiat” D’Onofrio, con cui la mattina, al Bar Napoli, consumo la colazione insieme a mia figlia Annagioia, divenuta di fatto il “bastone” della mia vecchiaia, e poi divaghiamo parlando di sport e, quest’oggi, abbiamo toccato il tema dei miti infranti del calcio.

Uno riguarda il gioco.

Si gioca meglio e di più oggi o ieri?

Non è facile la risposta ma vedere squadre lunghe; difese ridicole; attacchi imprecisi. Se fare il ping pong da una parte all’altra del campo rappresenta l'ideale del bel calcio – tutti all’attacco, e tutti in difesa: una specie di elastico che in pochi minuti si è allargato all’inverosimile – allora vuol dire che abbiamo perso completamente il senso di una partita giocata bene. Oggi molti giocatori puntano solo sulla forza fisica e i fondamentali, per essi, sono qualcosa di strano. Difficile, oggi, vedere un attaccante di fasci che sa saltare l’avversario, basta un passaggio di un metro e, “dai e vai”, e si va avanti.

Il calcio ha il suo fascino proprio perché è la disciplina di squadra, unica al mondo in cui una squadra nei suoi interpreti nettamente inferiore sulla carta può vincere contro una molto più titolata e piena di campioni. L’assioma che il bel gioco porta al risultato certo è una castroneria confutabile con migliaia di esempi. Ci sono allenatori che hanno costruito la loro fortuna su un catenaccio mascherato da tiki-taka e presentano un gioco che fa addormentare i tifosi.

I tifosi sono un altro mito da sfatare. Sono davvero il dodicesimo uomo in campo?

Farà dispiacere agli ultras più accaniti ciò che emerge da uno studio della German Sports University di Colonia: la presenza dei tifosi non sarebbe, infatti, un elemento in grado di fare la differenza nelle partite giocate in casa.   

La chiusura al pubblico degli stadi europei nell'epoca del Covid ci ha offerto l’occasione, senza precedenti, di poter studiare nei dettagli un gran numero di partite giocate a porte chiuse, così da poterne confrontare i risultati con quelli dell'epoca pre-Covid, caratterizzata da spalti gremiti.  Il confronto ha dimostrato e confermato che i risultati non sono, in percentuale, diversi con o senza pubblico.

Giocare in casa si sta rivelando quindi meno influente di prima. L’assenza dell’incitamento e della pressione proveniente dal tifo per le squadre che giocano nel loro stadio rende le partite di calcio meno influenzate da fattori esterni. Anche i giudizi arbitrali sembrano risentirne: le squadre di casa sono state mediamente punite di più rispetto al solito.

Senza la presenza del pubblico gli arbitri estraggono meno cartellini gialli e rossi verso i giocatori ospiti. Insomma gli arbitri parrebbero sensibili alla presenza del pubblico. È probabile che la reazione vociante del pubblico di fronte a un fallo dei giocatori ospiti possa influenzare l'arbitro facendogli apparire un fallo più grave di quello che è.

A mio avviso il fatto che gli arbitri, oggi, operino in stadi in cui le recinzioni garantiscono la massima sicurezza, fa sì che sentano meno addosso la pressione del pubblico.

Perché oggi si diserta lo stadio e solo i tifosi irriducibili non ci rinuncerebbero mai?

A mio avviso perché in Italia ci troviamo in una situazione di incredibile arretratezza che vede la maggior parte degli stadi di proprietà pubblica e soli pochi esempi di stadi privati come lo Juventus Stadium, la Dacia Arena di Udine e il Mapei Stadium del Sassuolo.  

Gli impianti si presentano come strutture fatiscenti, inadatte per assistere ai match, e ciò ha portato al progressivo allontanamento degli spettatori che, sempre più spesso, preferiscono vedere la partita da casa con tutte le possibilità di rivedere i fatti salienti e con le riprese che, oggi, sono fatte da moltissime telecamere posizionate in punti strategici dello stadio ed anche per restare “fuori” da quegli episodi di violenza tra tifosi che spesso caratterizzano le partite.  

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