Daniele Sebastiani: “contro il Siena in difesa eravamo in emergenza, abbiamo giocato con tre mancini, Veroli, Frascatore e Nzita, però non abbiamo quasi mai sofferto. Il centrocampo a tre dà più protezione alla retroguardia che nelle ultime settimane è stata ingiustamente criticata. Sono contento della prestazione. Peccato, potevamo portare a casa i tre punti. La posizione di Auteri è saldissima, non è mai stato in discussione, fiducia totale nel nostro allenatore. Il distacco dal primo posto? Non siamo inferiori a nessuno, Modena e Reggiana non sono più forti di noi. A fine dicembre faremo i conti, vedrete dove saremo…”.

A sentirlo si ha l’impressione che il Ferguson collinare veda con occhialo particolari le partite e le prestazioni dei suoi acquisti. Dovrebbe ben sapere, invece, che “Il talento senza impegno non serve a nulla” e che i giocatori hanno bisogno di un allenatore che non sia uno “yes man” ma un tecnico capace di allenare, insegnare, dirigere, e poi correggere quando i risultati non sono idonei.

Uno degli scopi dell’allenamento è aumentare la resistenza alla fatica. Tale obiettivo consente all’atleta di mantenere un alto livello di efficacia motoria e, tra l’altro, di ridurre il rischio di
infortuni, la cui causa è spesso la fatica, che induce a commettere errori.

La fatica periferica è oggi considerata la prima responsabile di quell’affaticamento che si protrae anche a distanza di uno o più giorni. Un problema questo assolutamente rilevante in molti sport.  

Lo stato fisico del calciatore da prendere in considerazione è lo sviluppo della massima intensità possibile per ripetere le varie esercitazioni, avendo a disposizione brevi recuperi e con tanto volume di lavoro. Tutto questo poi deve essere inglobato nel gioco, quindi pensando in base ai compagni, avversari e la palla.

Inoltre bisogna lavorare sempre, dico sempre, sui fondamentali e non pensare che essi siano compito delle scuole calcistiche nei primi anni. Sulla base di questa errata concezione, specie in Serie C, vediamo giocatori che litigano con il pallone e “subiscono” gol o se li “mangiano” perché non in possesso di buoni fondamentali vitali per un calciatore professionista.

Faccio un esempio: Bocic corre con un dinamismo eccezionale perché ha corsa e gamba ma troppo spesso perde il pallone in fase conclusiva perché sbaglia nell’approccio finale. Chi ha notevole tecnica è Memushaj ma è “scarico”, cioè la “fatica periferica” lo inchioda sul terreno e lo fa camminare quando dovrebbe, invece, correre... e, analizzandoli uno per uno, vediamo che molti giocatori della rosa sono scarsi e sbagliano palloni che altri addomesticano ... di tacco!

Un buon allenatore queste cose le deve valutare e non dispensare frasi ad effetto che sanno tanto di presa per i fondelli, cosa che fa scimmiottando il suo datore di lavoro.

A dicembre faremo i conti? Bene, saremmo felici di sbagliare e di darle ragione, signor mercante del calcio, per ora la classifica è quella che vede pubblicata e manca ancora il risultato di Pontedera Reggiana.

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