Incontratici a pranzo era naturale che con Carlo si parlasse di calcio, essendo lui il figlio di un campione della Strapaesana pescarese, ma anche, e soprattutto di bicicletta, essendo lui un appassionato cicloamatore.

Carlo, con parole semplici ma appassionate mi ha descritto quale può essere il legame che unisce il ciclista alla sua bicicletta che è, letteralmente, un legame d'amore e di riconoscenza, che il tempo non consuma, ma rinforza.

È impossibile parlare del bello della bicicletta senza parlare di sé.

La bicicletta fa parte della storia di ognuno di noi. Il momento in cui impariamo ad andare in bici appartiene ai ricordi speciali dell'infanzia e dell'adolescenza. È così che abbiamo scoperto un po' del nostro corpo, delle nostre capacità fisiche, e abbiamo sperimentato la libertà legata a queste scoperte.

Con parole chiare Carlo mi ha fatto capire la complicità misteriosa che sembra legare il nostro corpo alla bicicletta in un silenzioso movimento con minimo ingombro e massima agilità. Questa complicità si consuma proprio sotto i nostri piedi, ad una distanza dal suolo che ci rende ignari di uno scambio che avviene tra il terreno e ciò che su di esso transita. Il telaio e i suoi meccanismi rispondono alla nostra forza motrice tanto quanto al vortice di spinte naturali che sembrano invisibili all'occhio umano ma che lasciano traccia sensibile nel nostro inconscio, “percepiamo una vitalità inattesa, una respirazione corale che ci sorprende, sottile e clandestina, tra elementi inerti”.

La bicicletta è solo un insieme di elementi combinati in modo eccellente dall'ingegno umano, un sistema esile e leggero di tubi e ingranaggi elementari governati da un moto ciclico, quello della ruota, ma è una “cosa viva” che ci conquista e cavalcandola ne sentiamo il possesso e la capacità di darci una consapevolezza di forza che non può darti un altro mezzo meccanico.

Il senso di protezione che il mezzo regala al corpo in questa circostanza è da ritenersi un altro momento iniziatico, magico apparentemente inspiegabile.

A pensarci bene infatti, un oggetto esile e instabile con un corpo più pesante al dì sopra è soggetto a notevoli pericoli, contando anche l’assenza di barriere fisiche tra il conducente e la strada.

La bicicletta è una fedele compagna ed è sufficientemente rapida da permettere azzardi nella scoperta e il godimento dell’ambiente che ti circonda.

“La persona, la bicicletta e l’ambiente hanno una forza particolare che si esprime al meglio nel concetto di nomadismo, nel senso del vero smarrimento nei vari luoghi in cui desideri andare a scoprire le bellezze della natura. Certo sono modi diversi di godere la biciclettata in città o in campagna alla scoperta di nuovi paesi, di contrade che non vedresti mai se non andando alla ricerca di una pace diversa da quella che può darti la città con le sue piste ciclabili e con le sue strade ben asfaltate.

L'uomo in bicicletta può andare tre o quattro volte più svelto del pedone, consumando però un quinto di energia. La bicicletta è il perfetto traduttore per accordare l'energia metabolica dell’uomo all'impedenza della locomozione.

Munito di questo strumento, l'uomo supera in efficienza non solo qualunque macchina, ma anche tutti gli altri animali.

La bicicletta può essere la fedele compagna di un modus vivendi ecologista e salutare, può accompagnare la filosofia del pensiero libero, dello zen, può essere il cavallo di battaglia degli attivisti, di chi desidera la libertà personale, può essere un regalo e soprattutto può essere un ricordo, a volte il ricordo di qualcos'altro.  

Mi dice Carlo, quando parto la mattina alla ricerca di nuovi percorsi, mi sento come un esploratore, e tutti i pensieri, le preoccupazioni, si sciolgono sotto la spinta delle gambe sui pedali e, sudando, non perdo sali e acqua, ma acquisto una serenità tutta particolare. La fatica non è una sofferenza ma un calmante per lo spirito. Per questo motivo, mi dice Carlo, preferisco andare da solo in bicicletta e seguire il ritmo della mia pedalata e dei miei pensieri senza farmi coinvolgere da altri ciclisti che, per forza di cose, cominciano a “gareggiare” e perdono di vista quello che la bicicletta ci vuole donare.

Per me, conclude Carlo, la bicicletta è un’amica che mi aiuta a vivere bene a rilassarmi, a scoprire le bellezze del nostro Abruzzo e a imparare a gestire le realtà del mio corpo che è una macchina su un’altra macchina e si fondono in una simbiosi di perfetta armonia.

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