Osservo il mio mondo sportivo calcistico con l’occhio del cronista e noto che sia il presidente Sebastiani e sia il tifoso medio stanno allerta, in. attesa di qualcosa che dovrà accadere, di cui si teme il risultato, ma di cui non si sa spiegare i contorni, né capire il perché il temuto debba accadere per forza.

Sia Il Ferguson collinare e sia il tifoso sono in attesa di qualcosa di non ben definito. Il primo aspetta un compratore “scemo” che lo faccia uscire dal calcio imbottito di euro, quelli già presi non gli bastano perché l’ingordigia umana non ha militi; il secondo attendo una ripresa che non è giustificata dai grandi numeri del campionato e una sorta di capitolazione accettando di fatto un retrocessione che dovrebbe salvarlo dalla presenza del mercante. Ma sarà poi vero che la Serie C libererà il calcio pescarese dalla infausta presenza di chi ha imparato, a spese della passione dei tifosi, un mezzo per arricchire?

Per questo motivo quando il dire è insufficiente, parlano i silenzi che, come in una confusa partitura teatrale, si insinuano carichi di un senso profondo nell’assordante nonsense delle parole umane. Questa situazione mi ricorda tanto il clima surreale dell’opera di Beckett, “Aspettando Godot”.

L’intera riflessione di Beckett poggia sulla ricerca di un senso; “grande sapienza, grande tormento”, così si legge nel Libro del Qoelet e così possiamo diagnosticare la crisi dell’uomo moderno che, una volta persa la fiducia nelle filosofie umane, nelle credenze scientifiche e nelle religioni positive, non ha più “rien à faire” se non demistificare la tragedia della sua esistenza con un’amarissima allegria che, grazie al riso della compassione, gli svela un senso proprio quando si sforza di negarlo. Meglio l’Eccellenza che questa presidenza... dicono i tifosi. E in questa frase amara c’è tutta la sofferenza della tifoseria tradita.

Nelle Confessioni Sant’Agostino scrive “trovi un senso chi può”: probabilmente questa è anche la confessione che Beckett ci fa nelle sue opere che, a ben guardare, tanto assurde non sono poiché anche noi, come i suoi protagonisti, in qualche modo “aspettiamo che venga Godot”. Che venga una liberazione da chi ha soffocato ogni anelito di successo sportivo.

Oggi Sebastiani e il tifoso stanno sulla difensiva assumendo un atteggiamento di apparente auto-protezione, causato dalla previsione di un pericolo (la retrocessione) o di un danno (la mancata vendita).

Anche il linguaggio verbale è diverso rispetto ad altre situazioni: il tono è più serio, la parlata più veloce. Basta ascoltare le omelie di Sebastiani per rendersene conto.

Le sue parole le usa come una sorta di scudo per proteggersi da un possibile attacco o pericolo; tende a usare le giustificazioni e gli attacchi degli altri come un’arma verso di loro.

Spesso il modo in cui si esprime è inadeguato e poco rispettoso, poiché si sente ferito, imbarazzato o arrabbiato per qualcosa che è successo o qualcosa che crede stia per succedere.

Si dice che “la miglior difesa è un buon attacco”: senza rendercene conto, quando stiamo male, utilizziamo l’attacco, il rimprovero, l’ironia, il sarcasmo, l’offesa per proteggerci e per mettere la persona che ci ha feriti nella nostra stessa condizione.

Anche se Sebastiani non ci crede, stare sulla difensiva è dannoso per la sua mente, perché aumenta il suo malessere. Il risultato non è quello di riuscire a proteggersi, bensì quello di rendersi più vulnerabile, poiché mostra la sua assenza di strategie per affrontare la situazione in modo adeguato.

Senza dubbio, assume questo atteggiamento perché non si sente al sicuro, avverte debolezza e disagio. Per questo, ha bisogno di proteggersi, difendersi e comunicare il suo status di allerta.

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