Non si può non essere d’accordo con la battagliera Wally Bonvicini e con Carlo Silini, collega giornalista autore di molte battaglie sociali: Se i criminali vincono saremo tutti schiavi.

Va di moda il colpevole innocente.

Non è un modo di dire, è la sconsolata costatazione che si trae leggendo le dichiarazioni di autori di crimini più o meno efferati che dichiarano urbi et orbi che sì, è vero, quelle brutte cose le hanno commesse, però?

Però non potevano farci niente.

Non c’era proprio modo di opporsi alla loro natura bizzarra e prepotente che li spingeva, anzi li obbligava, a seconda dei casi, a rubare, oppure a uccidere, o a violentare, o, ancora, ad abusare di minori.

A sentirli è come se fossero nient’altro che robot, macchine biologicamente programmate per soddisfare i propri impulsi deviati. Nella loro visione dev esserci un Dio miope o sbadato che li ha allestiti con un «quid» di perversione in più, qualcosa contro cui è inutile lottare: una spinta primordiale come la fame, la sete o il sonno. Puoi provarci quanto vuoi a contenerla, alla fine devi assecondarla.

Come i poveracci che rubano il pane per non morire di fame. L’impulso sarebbe quello di dire, con rispetto parlando, che son tutte balle. Tutti gli esseri umani, dal più mite al più aggressivo, devono fare i conti con una propria personalissima galassia di pulsioni, voglie e desideri che, se venissero sempre e comunque soddisfatti, produrrebbero guai.  

E’ triste dover ammettere che, a dar manforte alla tesi del male commesso “per natura”, ci si sono messe le neuroscienze che, in un certo senso, giustificano i “delitti” in quanto i colpevoli erano “malati”.    

Altri studiosi affermano addirittura che alcune persone hanno una vera e propria predisposizione genetica al crimine. Non è neppure necessaria una malattia cerebrale, basta il DNA a fare di certi individui dei «mostri». E’ molto pericoloso questo determinismo secondo il quale ci sono persone buone o cattive “per natura” sembra svilire l’idea di responsabilità umana e privare di fondamento l’esercizio stesso della giustizia.

Se hanno ragione loro, saremmo tutti degli automi che rispondono agli impulsi iscritti nel nostro hard disk. Significherebbe che in realtà nessun uomo è libero, che saremmo schiavi dei nostri geni e passivi esecutori dei loro programmi.

A questo punto un bravo penalista, con l’aiuto di qualche “scienziato”, potrebbe ribaltare le carte in tavola e giustificare qualsiasi efferatezza cin uno stato di malattia. Se così fosse, perché non si fanno curare quando cominciano a sentire i primi impulsi  a delinquere?

Proprio vero, se i criminali vincono, saremo tutti schiavi.

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