Quanta nostalgia nel ricordare la notte di San Giovanni e i fuochi sulla spiaggia.

Da troppo tempo, ormai, non si usa più anche perché la spiaggia è stata invasa da stabilimenti che lasciano palme, ombrelloni e sdraio a tempo pieno e per quattro mesi, ed è quindi impossibile potersi avvicinare nelle ore notturne alla spiaggia: arrivano subito i Vigilantes e ti allontanano e, spesso, in modo piuttosto rude.

Si andava la notte della vigilia ad accendere i fuochi che erano stati preparati nel corso della giornata con legna trovata sulla spiaggia o anche con tronchetti portati da casa.

Si passava la notte. tra canti, balli, e tante situazioni amorose che venivano coltivate e trovavano la conferma “ufficiale” la notte di San Giovanni.

“ Domani è San Giovanni, fratel caro; è san Giovanni. Su la Plaia me ne vo gire, per vedere il capo mozzo dentro il sole all’apparire, per veder nel piatto d’oro tutto il sangue ribollire”.

Recita così Gabriele D’Annunzio ne La Figlia di Iorio, riportando l’antica tradizione abruzzese. Infatti si dice che in Abruzzo e nel Molise, la mattina del 24 giugno le ragazze che volgono lo sguardo a Oriente, possono vedere nel disco solare nascente, il volto del Santo decapitato e che ci riesce sarà fortunata per tutto l’anno.  

Nel giorno di San Giovanni ricorreva un vero e proprio cerimoniale che andava a celebrare l’affetto, la stima e l’amicizia che si provavano nei confronti di un’altra persona per creare legami di comparatico, consacrando al Santo rapporti che diventavano forse superiori.

Durante quelle ore notturne si celebrava anche il “Compare a Fiore” era diffusissimo tra ragazze e un po’ meno tra uomini, probabilmente a causa del maggior pudore maschile nel mostrare i sentimenti ed a quella apparente ruvidezza che hanno gli abruzzesi, che sono dei finti burberi.

il rituale del comparatico con lo scambio del “ramajette”, mazzette di erbe e di fiori spontanei. Il rituale è l’acqua di San Giovanni profumata di fiori lasciati in infusione.

Il successivo 29 Giugno, nel giorno dei Santi Pietro e Paolo, il prescelto suggellava definitivamente il rapporto rispondendo con l’invio di un altro ramajette a chi era ormai suo compare.

Diventare compare la notte di San Giovanni significava costruire un legame indissolubile. Per gli abruzzesi il ‘compare’ è colui che ti accompagna nell’aldilà.

Un legame che si stabilisce pensandoci due volte, ma che si rompe pensandoci molte di più. Come dicono gli abruzzesi: “Dio perdona, San Giovanni no”.

Essere  compari di San Giovanni, significava volersi bene persino più degli stessi consanguinei, tuttavia c'erano delle regole che bisognava rispettare.

In occasione della festa di San Giovanni, era usanza consegnare un regalo al compare o alla comare.

La Festa di San Giovanni coincide con il solstizio d’estate, un rito di passaggio che porta la Terra dal predominio lunare a quello solare nella notte più breve dell’anno. Il rito serviva per esorcizzare o stemperare la paura del cambiamento, per attraversare una notte carica di energie.

L’aspetto più apprezzato da noi giovani dell’epoca, era la celebrazione con l’accensione di grandi fuochi e, sebbene il cristianesimo si sia insinuato tra le pieghe degli antichi rituali pagani, la componente mistica del fuoco continua a raccontare antiche tradizioni. Tra queste l’usanza di suggellare i rapporti di amicizia o d’amore saltando il fuoco.

Oltre a propiziare i raccolti, il fuoco diventava testimone dell’amicizia e dell’amore, essendo alla base di un vero e proprio rituale.

Tenendosi per mano e saltando il falò per tre volte, le persone sancivano i rapporti di  comare e compare in una vicinanza in grado di durare per tutta la vita.

Si affidava la propria amicizia al Santo, da qui il carattere sacro del vincolo che assumevano i due compari, vincolo che rimaneva valido fino alla morte. Perché, quando si decideva di diventare compari o comari, il presupposto essenziale è uno stretto legame d’amicizia e una profonda fiducia.

Ma il fuoco non sanciva solo il legame tra i compari bensì anche l’interesse effettivo di un uomo nei confronti di una donna. L’uomo che voleva chiedere la mano di una ragazza era solito saltare il fuoco per dimostrare il suo coraggio e la fermezza delle proprie intenzioni.

Sarebbe bello recuperare quest’antica tradizione.

In diversi comuni abruzzesi lo stanno facendo i giovani, organizzando delle vere e proprie “feste di comparaggio”. 

In una società dominata dal virtuale, forse comincia a sentirsi il bisogno di stringersi la mano e di abbracciarsi, di ricevere quella pacca sulla spalla, di contatto fisico vero, di percepire l’affetto della vera famiglia che ci siamo scelti: gli amici.

Con i nuovi “compari” o con quelli riconfermati, si aspettava il sorgere del “sole che si lavava la faccia”. Infatti si vedeva il sole che si alzava pian piano dall’orizzonte e dava proprio l’impressione si stesse lavando il viso.

Ancora oggi ci sono persone che si salutano, incontrandosi, come compari. Una tradizione che va scomparendo ma che è viva e ben rispettata dai “datati”.

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