Sul linguaggio sportivo si potrebbe scrivere un volume intero in cui dare conto di modi di dire,  tecnicismi, neologismi (come il celebre catenaccio di Brera), prestiti da altre discipline (stoccata), delle ardite metafore belliche (cannoniere per marcatore) o delle più innocue metonimie (fischietto per arbitro), per arrivare agli epiteti (Rombo di tuono), alle iperboli (l’estremo difensore) e ai forestierismi (lo stesso sport è un anglicismo con origine francese) che lo caratterizzano ormai da decenni.

Senza poi contare la lingua del tifo e del giornalismo specializzato. Una frase che sento spesso è: Solo per la maglia.  

Cosa rappresentano le maglie di calcio?

Ogni maglia da calcio rappresenta un'uniforme, un completo che cela spesso dietro di sé un'identità, un'appartenenza, una storia. Ogni maglia racconta chi e quello che siamo, porta con sé un qualcosa di simbolico; diventa un oggetto su cui proiettiamo sogni, desideri, dietro cui nascondiamo alle volte idee politiche

E’ accaduto, ancora una volta, un fatto che da un paio di anni a questa parte, fa discutere e spacca in due l’opinione pubblica. Parlo del gesto, da parte degli Ultras, di pretendere che i giocatori della propria squadra si tolgano le magliette. Fece enorme scalpore il famoso Genoa-Siena di qualche tempo fa, dove gli Ultras del grifone bloccarono l’accesso agli spogliatoi ai propri giocatori, chiedendo a questi ultimi, ed in particolar modo al loro capitano, di raccogliere le magliette di tutti i giocatori e depositarle ai piedi della curva.   

A Pescara, pur avendo dei tifosi piuttosto duri con la squadra e con il presidente, causa i risultati non lusinghieri, non ho notato questa loro necessità di punire i giocatori facendoli svestire, per ora si limitano ad esprimere la loro coralità al grido: Solo per la maglia e Nu seme nu.

Ma cosa significa, esattamente, il senso di appartenenza ad una città? Indossare una maglia con il ricamo dello stemma della squadra o di una determinata località, può bastare per rappresentare realmente una città?

Oppure occorre comportarsi in una determinata maniera per poter essere degni di rappresentare quella determinata città?

Sono interrogativi che forse non troveranno mai una risposta, viste le varie correnti di pensiero che si confrontano a riguardo.

Per alcuni, ad esempio, il gesto estremo di far togliere le maglie ai propri giocatori, viene considerato un atto vile, in quanto si tende a mortificare i propri beniamini e perché, sempre secondo queste persone, interrompere una partita di calcio significherebbe mancare di rispetto a quelli che hanno pagato il biglietto e sono venuti allo stadio per godersi lo “spettacolo”.

Non si pensa, però, ad esempio, che il biglietto è stato acquistato anche da quegli stessi Ultras che in quel momento stanno intimando ai calciatori di levarsi la casacca. E in alcuni casi si sono anche sobbarcati un bel “viaggetto” per stare dietro alla loro squadra.

Quegli stessi Ultras che ritengono che quella maglia lì, con il simbolo ed i colori della loro squadra e con il nome della loro città, abbia lo stesso valore (se non addirittura maggiore) di una bandiera nazionale, e che quindi questa vada onorata non solo nei novanta minuti di gioco, ma anche durante la settimana, nel corso degli allenamenti, delle amichevoli e nella vita di tutti i giorni. Perché quella maglia, quei colori, quel simbolo, quel nome, rappresentano la loro città, la loro passione e la loro fede.

Ai tifosi , invero, basta che sia sudata: tutto il resto sono dettagli.

Proprio i dettagli, però, da un decennio a questa parte, fanno la differenza anche quando si parla di maglie. L’ultima moda sono i messaggi “nascosti”: frasi, slogan, citazioni. Stampati o ricamati come tatuaggi su quella che per un giocatore, così si dice, dovrebbe essere una seconda pelle.

Dietro c’è tutta una psicologia dello slogan: rivendicare la propria identità e il senso di appartenenza a un gruppo sono i primi sentimenti che guidano la mano di chi verga la maglia con un motto.

Gli psicologi lo chiamano “il senso del noi”, (Nu seme nu...) condizione necessaria per giungere alla tanto agognata coesione, a sua volta presupposto del successo.

Quando il “noi” sostituisce l’“io” si è sulla buona strada, dicono.

Un “noi” esplicito nel messaggio e lo stemma del club “assume il ruolo di oggetto totemico, che deve essere rispettato, protetto e mostrato” e “posizionato sul petto trasmette ai fedeli della tribù il messaggio che il cuore dell’individuo appartiene alla squadra”, la funzione dello slogan sulla maglia è quella di intensificare il “sentimento tribale”: aiuta a tenere vivo il senso di appartenenza, quando è “nascosto” e allo stesso tempo ha una funzione intimidatoria nei confronti delle tribù avversarie, quando esibito.

Negli ultimi anni, il tema “orgoglio e identità” è stato declinato in tanti modi e la fantasia dei tifosi si esprime in tante maniere, a volte, con risultati eccezionali, altre meno.

I tifosi pescaresi, che gridano a gran voce i loro due slogan preferiti (solo per la maglia e nu seme nu) non mi  pare abbiano avuto mai altre esigenze particolari per cui le maglia biancazzurri hanno solo una miriade di nomi piccoli e grandi a rappresentare gli sponsor che veicolano i loro prodotti sulle maglie biancazzurre.

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