Mario Perrotti è stato un valente insegnante ed un dirigente scolastico apprezzato e oggi è un fotografo romano e scrittore, di origini aquilane che ha già dato alle stampe con successo alcuni suoi lavori con Ape Editore.

Ricordo alcuni titoli: “Ricordi di vita vissuta”, “L’Aquila come te ...   si rialza in volo”, “L’estensione del me” e  “La conca dei ricordi”.

Romanzi arricchiti da splendide foto in bianco e nero.

Di Mario Perrotti mi hanno colpito la sua verve di scrittore che ha saputo raccontare la vita vissuta in un paese dell’aquilano con le sue realtà a volte amare, altre ricche di pathos, comunque nelle sue pagine Mario ha saputo raccontare la vita. In particolare mi ha colpito il romanzo La conca dei ricordi.

Ma Perrotti ha avuto, ed ha, l’abilità di raccontare la vita con uno scatto, un click che ti fa scoprire tutto un mondo, la vita!

Basta un attimo e il gioco è fatto: in una frazione di secondo la luce attraversa l’obiettivo e lascia un segno sulla scheda digitale e fissa un momento della vita che scorre.

Il mondo cambia senza sosta, non è più quello di prima e non gli assomiglierà più.  

Lo scatto affronta la realtà cangiante e mutevole, se ne fa carico per conservarne in futuro un’immagine, ma la riproduzione si rivela diversa dalla realtà originaria, non è mai un semplice riflesso di quanto abbiamo visto: chissà come, forme, trasparenze, ombre non sono quelle di una volta, un gioco magico le fa variare, oscillare, diventare altro.  

La fotografia seziona e scompone in tanti frammenti, ognuno dei quali però appartiene ad un intero, e dovrebbe darne la sensazione complessiva.

In fondo la vita stessa è una trama piena di dettagli. Mario va oltre il bordo della singola immagine, oltre il suo limite. Come se la realtà fosse scomponibile in tante miniature, ma ciascuna potesse raccontare qualcosa delle altre, non rinunciando all’appartenenza al tutto.  

Non importa l’oggetto. Può essere una presenza, come accade di solito, oppure un’assenza, a cui si allude sottilmente, o qualcosa che si vede ma non è dato possedere interamente con lo sguardo. Oppure tutte le cose insieme, una mescolanza di elementi come quelli che si avvertono guardando luci e ombre, il bianco e il nero, colori sgargianti e tenui riflessi: «una fotografia è insieme una pseudo presenza e l’indicazione di un’assenza», precisava Susan Sontag. 

Volti solitari, angoli della natura, avvenimenti, persino vicende complesse, e di varia durata, più o meno breve. Alla fine, il risultato. Sorprendere, divertire, educare. Documentare un fatto, lasciare una testimonianza di sé.

La fotografia nasce da osservazioni del mondo che ci circonda, da ciò che vediamo, da come le persone si relazionano le une con le altre... insomma, l’osservazione è la chiave di tutto.

Si tratta di esplorare quello che abbiamo attorno, si tratta di perdersi nel momento.  C’è qualcosa di magico che nasce quando ci si ferma e si osserva.

È lì che nascono le foto migliori. Se trovi qualcosa di bello, di meritevole, non lasciarlo scivolare via: fermati e fissalo. I momenti più appassionanti spesso nascono da incontri fortuiti. Certo, per una buona fotografia è ovvio che è importante trovare dei buoni colori, un’armonia, il ritmo giusto: ma è anche vero che tutto ciò può nascere anche nel breve spazio di un attimo, e il nostro “compito” è quello di coglierlo al meglio.

Una fotografia bella, interessante, una fotografia di successo, è quella che dietro ha una storia.     . Dietro a una fotografia c’è sempre un racconto e, spesso, ciò che immagina un osservatore non corrisponde a quello che c’è dietro alla fotografia. Anzi, spesso l’immaginazione di chi osserva è in grado di creare storie molto più interessanti rispetto a quella reale della fotografia.    

E’ sempre bello poter immaginare quello che si cela dietro una fotografia... e spesso è bello anche fermarsi lì, senza indagare oltre.

E le fotografie della vita vissuta in campagna, raccontano di personaggi e di famiglie che hanno segnato la vita personale di Mario Perrotti.

Come non avere sussulti dell’animo guardando le foto dell’Aquila colpita dal terremoto e pur capace di rialzarsi in volo, o quelle del romanzo “La Conca”, quell’oggetto che non mancava mai nelle famiglie abruzzesi. Insieme a "lu maniere" rappresentava uno degli oggetti più usati nei nuclei familiari.

Era usata solitamente come contenitore d'acqua, ma poteva essere utilizzata anche per contenere liquidi d'altro genere.

Per motivi di comodità, di solito, trovava posto accanto alla porta d'ingresso in modo che chiunque entrasse potesse usufruire dell'acqua in essa contenuta.

Stupende le immagini delle donne che tornavano dalle fontane recando sul capo le conche piene d'acqua con i bambini per mano senza far cadere neanche una goccia del preziosissimo liquido.

Mario Perrotti, un vero artista a tutto tondo, fotografo e scrittore che sa raccontare la vita.

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