Per motivi professionali, quotidianamente, leggo e seguo servizi calcistici che riguardano la Pescara calcio e la gestione di Sebastiani.

In sintesi ci sono: moltissimi blogger e opinionisti che chiedono di rimettere la società nelle mani dei tifosi o del sindaco; una miriade di tifosi che chiedono, anche a “brutto muso”, al presidente di andarsene.

Tantissimi che chiedono ad eventuali operatori economici che hanno a cuore le sorti della Pescara calcio di farsi avanti.

Poi c’è una minoranza che accetta Sebastiani dicendo che, comunque, mantiene vivo il calcio pescarese, anche se in Serie C, e accettano la sua conduzione finanziaria atta più a farsi gli affari personali che non quelli del sodalizio.

Comunque, da qualsiasi lato osservi e analizzi la situazione, siamo in crisi profonda.

Da parte sua il presidente, invece, continua a ritenersi un grande dirigente, il migliore nella storia biancazzurra, pronto comunque a lasciare la presidenza in mani sicure e credibili e a giudicare la bontà del passaggio di mani dovrebbe essere sempre lui.

In questi anni, con una girandola di false notizie, ha sempre tenuto buono lo zoccolo duro della tifoseria, ma ora è agli sgoccioli e, pur con il suo ottimismo e con la sua protervia, si trova costretto a fare i conti con una realtà a lui contraria.

La città non lo vuole. I tifosi non lo vogliono. La stampa e critici non asserviti non lo vogliono. Dalla sua ha soltanto la strafottenza, che lo porta a non dare importanza alle critiche; la sfacciataggine, che lo porta a giudicare inconsistenti le minacce dei tifosi e il valore della contestazione; l’arroganza, che lo porta a non considerare nessun altro alla sua altezza di dirigente; l’insolenza, che lo porta ad avere nei rapporti con altri, un contegno provocatorio, volutamente offensivo, e a mancare al rispetto dovuto con parole o atteggiamenti che oltrepassano i limiti della convenienza.

 Analizzando con spirito sereno tutta la situazione della Pescara calcio, non possiamo che confermare una triste realtà: a decidere sarà sempre e soltanto lui e non voi tifosi inviperiti che preferireste ricominciare da una retrocessione piuttosto che continuare con lui alla presidenza.

Cari tifosi e contestatori vari, personalmente, per l’amore che nutro verso una squadra che seguo dal 1948 da tifoso prima, e da giornalista professionista, poi, e da scrittore della sua storia attualmente, devo solo esprimere la mia tenerezza nei vostri riguardi, e ribadire che comanda solo lui, che continuerà a farlo fin quando avrà il suo tornaconto che lo ha portato, in pochi anni, da operatore fallito con Interservices Leasing Di Daniele Sebastiani. Finanziamenti E Mutui, a diventare ricco milionario con attività aperte con i mezzi offertigli dalla società di calcio.

Quindi non lascerà mai, e non saranno le minacce dei tifosi a farlo recedere, in quanto come presidente della Pescara Calcio può ancora sognare una scalata nella Federazione e continuare a gestire le sue plusvalenze.

“Cacciare” un presidente all’estero funziona, in Italia qualcosa si muove ma siamo ancora molto indietro. L’idea di rimettere le squadre di calcio nelle mani dei tifosi resta ancora un’utopia. Per realizzarla, c’è chi sta pensando di usare la “forza”. Beninteso, quella normativa. Alla Camera  è stata depositata una proposta di legge (patrocinata dall’associazione “Salviamo il calcio”) che punta a “togliere un padrone alle società sportive” e restituirle alle tifoserie.

I punti fondamentali del DDL sono essenzialmente due. L’articolo 1 propone di modificare la legge 91/1981 (che regolamenta le società sportiva) e stabilire un tetto del 30% al numero di quote o azioni che uno stesso soggetto può detenere in una società (che si tratti di spa o di responsabilità limitata). Niente giochetti o accordi sottobanco: in deroga alla normativa vigente, vietato anche ogni patto parasociale che determini direttamente o indirettamente il controllo della società.

La seconda novità, invece, è l’istituzione di istituire un organo consultivo, formato da un minimo di 100 ad un massimo di 1000 persone elette ogni anno dai tifosi abbonati; tutte le decisioni principali, tra cui i vari bilanci di esercizio, devono passare obbligatoriamente dal parere di quest’assemblea (che comunque non sarebbe vincolante). Approvata la legge le società sportive professionistiche avrebbero sei mesi per mettersi in regola, pena il commissariamento e l’adeguamento “forzato” in tre mesi.

È evidente che una simile legge, se approvata dal Parlamento, rappresenterebbe un vero e proprio terremoto per il mondo dello sport, ed in particolare del calcio italiano.  

È giusto chiedere più trasparenza nella gestione dei bilanci?

Responsabilizzare i tifosi, che oggi per lo più vengono criminalizzati o allontanati dagli stadi, facendoli all’opposto entrare nelle stanze della società? Assolutamente sì.

All’estero è già così.

Al  Barcellona i soci hanno costretto alle dimissioni un presidente per le sue manovre finanziarie poco limpide.

In Inghilterra e Germania tante tifoserie si sono organizzate per non essere più solo spettatrici del destino della propria squadra.

E un intervento normativo per favorire l’impegno diretto dei tifosi (quelli che meritano questo nome) è sicuramente auspicabile.  

Ma siamo in Italia e i padroni continueranno a spadroneggiare.

Siamo a Pescara e il Ferguson collinare continuerà, con il suo gruppetto di reggi microfono e di leccaculi patentati, a fare il comodo suo fino a quando lo riterrà opportuno per le sue tasche.

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