Dopo undici giornate il Pescara è ai margini della zona play off e molto distante dal primo posto che darebbe la certezza della promozione in Serie B. Per Sebastiani la colpa è degli arbitri, e non del suo fare il mercato da commerciante senza amore per il calcio pescarese. A volte ci vuol far capire che la colpa è di qualche giocatore, e forse arriva anche ad accusare, pur se non apertamente, visto che è il suo protetto, il mister Auteri. Però non riconoscerà mai che la colpa è sua.

Riversare le colpe sugli altri, attribuire le responsabilità di propri errori su chi ci sta vicino, evitare di fare i conti con ciò che non è andato bene in tutte le cose difficili che ci accadono è un’abitudine sempre più comune per gli uomini di scarsa cultura ed è così anche nello sport.

Chi ha la tendenza a incolpare gli altri, riesce puntualmente ad elaborare un’accurata analisi dei fatti, individuando criticità, limiti e potenzialità; tutte condizioni che lo porteranno ad attribuire le cause di ogni fallimento o mancato successo esclusivamente all’esterno.  

La massima dello psicologo statunitense Dyer esprime il concetto in modo esaustivo “Dare la colpa ad altri è un piccolo e pulito meccanismo che puoi usare ogni volta che non vuoi prenderti la responsabilità per qualcosa nella tua vita. Usalo ed eviterai tutti i rischi e impedirai a te stesso di crescere.”

Quando incolpiamo, infatti, immediatamente smettiamo di ritenerci responsabili. Insomma, incolpare gli altri è l’opposto di essere responsabili. E, lo sappiamo bene, essere responsabili significa prendersi carico di ciò che si è fatto e di ciò che non si è fatto, di ciò che abbiamo sbagliato e di ciò che dovremmo correggere. E, tutto questo, comporta un po’ di fatica!

Le accuse di chi manipola hanno proprio lo scopo di ferire e indebolire, per avere la certezza di spostare l’attenzione dalle proprie mancanze al comportamento dell’altro e per mantenere alto il senso di sé e il proprio potere. Chi manipola, piuttosto che riconoscere i suoi errori e scusarsi o tentare di riparare, si pone sulla difensiva facendo credere di essere la vittima incompresa da tutti e induce gli altri a comportarsi proprio nel modo che gli confermi ulteriormente di essere una vittima, fino a convincere l’altro che «È colpa tua se io ti offendo». Recitando la parte della vittima, cerca di ottenere quello che non è in grado di avere costruendo delle relazioni sane e paritarie.

Sono dieci anni che Sebastiani imperversa nel mondo calcistico biancazzurro e, da persona che ha floppato nelle sue varie dimensioni professionali, si è scoperto un genio del mercato calcistico realizzando guadagni personali a otto cifre in euro.

Ha potuto farlo per la connivenza di alcuni personaggi che avrebbero dovuto giudicarlo sulla base dei risultati tecnici e che invece lo hanno rafforzato nella sua idea di potersi permettere tutto: tanto la tifoseria è indebolita ed è ai minimi storici della sua forza di controllo; le forze politiche hanno altro a cui pensare e a volte si sono fatti usare come garanti nel corso di presentazioni ufficiali di bufale concrete; il sindaco non è più il “Casalini” di turno che chiamava a rapporto i dirigenti del Pescara quando le cose andavano male; la stampa non è più sentinella della verità, guardiano critico dell’informazione, garante dei cittadini...

Il risultato? Discesa rapida dalla Serie A alla C. Un futuro nebuloso in cui sono chiari solo l’arricchimento personale di Sebastiani e l’impoverimento del calcio pescarese.

   

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