Nel contenitore per il pane mi sono ritrovato una mezza pagnotta casereccia raffermo. Ci sono tanti modi per riutilizzare il pane raffermo cuocendolo al forno ventilato a 150 grado per un quarto d’ora circa oppure nel microonde, o riscaldandolo in padella ma, moltissimi, preferiscono gettarlo via.

È l'opzione cui fanno purtroppo ricorso in troppi, tanto che in Svizzera, stando alle rilevazioni del Politecnico Federale di Zurigo (ETH), la metà circa del pane finisce tra i rifiuti. E il fenomeno riguarda in buona parte proprio la realtà domestica, il "delitto" si consuma nelle nostre case.

Mentre osservavo la mia mezza pagnotta, il pensiero mi riportò a mia madre quando, io ragazzo, preparava del profumatissimo pane cotto, eravamo negli anni fine Quaranta, appena dopo la Guerra, riciclando il pane raffermo perché non si poteva, né si doveva sprecare.

Il pane rappresentava nella nostra tradizione l’alimento quotidiano più importante, quasi l’emblema del cibo stesso. Non per nulla nel gergo popolare si utilizza il termine “pane quotidiano” per indicare il nutrimento in generale e, di conseguenza, la sopravvivenza stessa della nostra specie.

Questa importanza e centralità, con forti radici storiche, ha conferito al pane un valore non solo pratico-linguistico, ma anche simbolico, addirittura sacrale, arrivando persino a rappresentare il corpo di Cristo.

Nel cristianesimo, infatti, il pane costituisce il “cibo perfetto”, frutto del “lavoro” della terra (il frumento) e di quello dell’uomo (l’impasto e la cottura). Un po’ come per il vino, dove l’uva della vigna (l’uva) e la maestria dei vignaioli creano “la bevanda perfetta”. E non per nulla il pane e il vino costituiscono l’Eucarestia, il perfetto nutrimento dell’anima.

Ovviamente, questa grande rilevanza del pane, sia sacra che profana, non poteva che condizionare la nostra vita sociale e, di conseguenza, le nostre buone maniere.

Mia madre aveva una sua regola che le veniva dalla tradizione familiare, in cucina non si butta via niente e buttare il pane è peccato.  Quindi, come aveva del pane raffermo, preparava il pancotto. E lei aveva una sua maniera per farcelo gustare sempre e usava diverse versioni nel prepararlo: a volte aggiungeva il pomodoro, altre volte i formaggi. Preparava il pancotto, secondo le disponibilità o con l’acqua, o con il brodo di carne fatto in casa o con il brodo di verdure...

Nei giorni più poveri profumava il pancotto con delle foglie di alloro.

Me la rivedo davanti ai fornelli, con il suo grembiale, mentre mi diceva di aiutarla spezzettando il pane e lei preparava il tegame con l’acqua, nei momenti meno “brillanti”, o con il brodo e, acceso il fuoco, metteva il coperchio e faceva cuocere a fuoco lento per circa venti minuti fino a quando il pane aveva assorbito totalmente il brodo, o l’acqua. Con metodo, poi, schiacciava con il cucchiaio il pane in modo che si sfaldasse bene. Girava il tutto con un mestolino e ce lo serviva condendo con Olio di oliva a crudo e un pizzico di  pepe.

Era un piatto semplice profumato che consumavamo con piacere.

Dicevo che, per farcelo apprezzare sempre di più, secondo possibilità economiche, usava delle varianti aggiungendo la passata di pomodoro, o la pancetta, o il formaggio a cubetti, i funghi o la carne ma ciò avveniva di rado.

Per un piatto più ricco e sostanzioso, aggiungeva un paio di patate tagliate a tocchetti; se aveva della verdura a foglia verde da consumare, la univa a metà cottura.    

Il pancotto solito era quello più semplice arricchito solo dalle verdure di stagione.

Per mia madre era un suo impegno preciso nel farci amare il pane e nel non sprecarlo.

Pensate che ogni italiano ne getta circa un chilo ogni anno (secondo l'ultimo report di Waste Watcher International Observatory on Food and Sustainability). Basterebbe congelarlo: il pane in freezer infatti non perde le sue proprietà nutrizionali e si può farlo rinvenire poi al microonde, nel tostapane oppure nel forno.

Il WWF stima che lo spreco alimentare potrebbe risolvere il problema della denutrizione di 800 milioni di persone. Secondo i dati ONU ogni anno vengono sprecate oltre 1,5 miliardi di tonnellate di cibo, per un valore economico che arriva a 1200 miliardi di dollari, un terzo della produzione agroalimentare globale.

Il pane quotidiano, quindi, non solo alimento indispensabile alla sopravvivenza, ma anche metafora della cultura e della convivenza, del rispetto dell’altro da sé e dell’ambiente con tutte le sue diversità.

Molti demonizzano il pane per paura di ingrassare.

Pane a dieta, sì o no? «Il pane è un alimento che può benissimo far parte di una dieta equilibrata» spiega il nutrizionista Claudio Frasson. «Dal punto di vista nutrizionale è principalmente una fonte di carboidrati complessi, macronutrienti essenziali per l'organismo.

In una dieta bilanciata i carboidrati vanno ben distribuiti ed in linea di massima sarebbe bene mangiarne 60 gr al giorno, una sola porzione sotto forma di pasta o cereali. Mentre per quanto riguarda il pane è concesso consumare 2 porzioni al giorno da 50 gr, che corrispondono a un pacchetto di cracker.26

Quale è il pane che non fa ingrassare?

È consigliato consumare pane integrale, che, essendo prodotto da farine meno raffinate, contiene vitamine, minerali e una buona quantità di fibra, che ha un ruolo nella regolazione del transito intestinale e aiuta ad aumentare la sazietà.

Nella giornata quindi se si mangia pane bisogna evitare la pasta, e viceversa?

No, è tutta una questione di quantità. Ognuno ha i propri fabbisogni energetici, nulla ci vieta di suddividere la nostra quota in una parte di pane e una di pasta, moderandole rispetto a quando le consumiamo separatamente.

Concludo questa mia riflessione, legata al ricordo di mia madre in cucina, che il pane è sacro e va rispettato. Che sulla tavola deve avere sempre un posto d’onore e che i bambini, soprattutto, vengano educati in modo che imparino a rispettare il pane e la sua sacralità.